Un Patrimonio su cui erigere collaborazioni ed Amicizia: ANGI alla scoperta della Ivrea Olivettiana.
È una brezza insolitamente fresca e frizzantina per una mattina di agosto quella che ci accoglie: “Ivrea la bella che le rossi torri specchia sognando a la cerulea Dora” scriveva il Carducci nel 1898, e oggi, 18 agosto 2018, la città si rivela in forma smagliante e degna del suo prestigio. Oggi ANGI (Associazione Nuova Generazione Italo-Cinese) è in visita a Ivrea, ma la destinazione non è ne il bellissimo castello medievale ne la Dora Baltea amata dai canottieri, bensì la Città Industriale del XX secolo, l’utopia reale firmata Adriano Olivetti, da poco eletta Patrimonio Mondiale UNESCO.
Siamo in compagnia di Renato Lavarini, che dal 2008 coordina il tavolo UNESCO per la candidatura della città alla lista dei patrimoni mondiali: “Ivrea ha il primo sito italiano del panorama industriale del Novecento ad essere iscritto nella Lista, ora dobbiamo darci da fare per promuoverlo” ci spiega mentre saliamo le scale del Palazzo Civico. Ad attenderci in Sala del Consiglio il Vice Sindaco Elisabetta Ballurio. La risposta dell’amministrazione di Ivrea alla chiamata di ANGI è stata fulminea, e questa sontuosa accoglienza è la prova che la giunta è senz’altro intenzionata a non sedersi sugli allori del riconoscimento appena ottenuto: “Adriano Olivetti non era solo un imprenditore geniale, ma anche un uomo illuminato che ha contribuito allo sviluppo sociale e culturale della città” racconta Ballurio, mentre riceve in omaggio dal Presidente Chen Ming la Guida al Patrimonio UNESCO dell’Umanità di Italia e Cina realizzata dal Centro UNESCO di Torino e ANGI, “per questo, il Sindaco ha ritenuto significativo donarvi un dipinto appartenente ai lasciti di Lucia Guelpa”. Lucia Guelpa, originaria di una antica famiglia eporediese, ereditò i patrimoni della ricchissima famiglia Croff, compresa la collezione di dipinti, che poi l’ereditiera decise di donare al Comune di Ivrea. Quella dei Croff era una potente famiglia di imprenditori milanesi, che furono attirati a Ivrea dal miracolo Olivetti, quando la città viveva un vero e proprio Rinascimento. “Olivetti fu un grande amante della letteratura, della filosofia e dell’arte, e la sua azienda ne rispecchiava l’anima: in fabbrica venivano organizzate mostre d’arte, esposizioni, dibattiti, ai quali tutti, operai e dirigenti, partecipavano sedendo l’uno a fianco all’altro. Gli operai, nelle loro pause, avevano a disposizione una biblioteca, a cui potevano accedere liberamente. E quando a Olivetti fu fatto notare che alla biblioteca mancavano dei volumi, l’imprenditore non si scompose e replicò “Bene, allora vuol dire che leggono”.
Dopo l’evocativo discorso di Ballurio, non resta che metterci in marcia e vedere da vicino il sito UNESCO, con Lavarini a fare da cicerone. La nostra visita comincia dall’Edificio in Mattoni Rossi di via Jervis, progettato da Camillo Olivetti, padre di Adriano, uno degli edifici più iconici del panorama industriale olivettiano, risalente al 1908. Da qui, si sviluppano i successivi ampliamenti, che dal 1933 al 1958 sono sorti lungo la direttrice di via Jervis. Attorno a via Jervis, a pochi passi dal cuore pulsante della produzione, vediamo gli edifici e le strutture destinate ai dipendenti: gli alloggi, la mensa, l’asilo per i figli dei dipendenti. Perché secondo l’approccio umanista di Olivetti, il lavoratore doveva sentirsi il più possibile a suo agio sul luogo di lavoro. Siamo lontani dall’impianto fordista che costringe l’operaio a turni alienanti alla stregua di una macchina. La frase incisa sulla parete del Centro Servizi Sociali, pronunciata da Olivetti nel 1958, è quanto mai eloquente: “Questa nuova serie di edifici posta di fronte alla fabbrica sta a testimoniare con la diligente efficienza dei suoi molteplici strumenti di azione culturale e sociale che l’uomo che vive la lunga giornata nell’officina non sigilla la sua umanità nella tuta di lavoro..”. “In questo sito noi ammiriamo il patrimonio architettonico, frutto del genio di alcuni tra i migliori architetti dell’epoca. Ma il patrimonio “immateriale”, la visione umanista della fabbrica, la “terza via” tra capitalismo e comunismo, il compromesso vincente tra profitto di impresa e welfare aziendale, è questa la grande eredità di Olivetti, che ora più che mai dobbiamo raccogliere e valorizzare” commenta Lavarini.
Tanto ci sarebbe ancora da dire su questo sito UNESCO, dagli scorci “berlinesi” della Centrale Termica e le Officine H alla sorprendente “Talponia”, passando ovviamente per la Fondazione Cappellaro e la sua meravigliosa collezione di macchine da scrivere. Lascerò a voi il gusto della scoperta. Ma in veste di Vice presidente di ANGI, mi preme raccontare una curiosità: quella relativa a Mario Tchou, italiano di origine cinese, ingegnere informatico e braccio destro di Adriano Olivetti alla Ricerca e Sviluppo nel dipartimenti di elettronica, colui che diede un contributo fondamentale allo sviluppo dell’Elea, il primo calcolatore della storia. Quando l’Amicizia Italia-Cina la trovi dove meno te l’aspetti! E ciò non può che rendermi ulteriormente orgoglioso della mia città natale, Ivrea. (F. Nalin)